Fondamentalmente, io vado a periodi. Alterno i periodi in cui leggerei anche la carta ignienica se ci fosse scritto qualcosa, a quello in cui scriverei anche sulla carta igienica, se solo mi ricordassi di portarmi la penna. I regali più azzeccati, per me – e le persone sembrano saperlo senza che glielo dica – sono i quadernetti, le agende, i taccuini. Quelle cose che ti porti dietro e ci scrivi di tutto.
Questa alternanza va avanti oramai da tanto tempo. Mi piace leggere le cose che i grandi scrittori scrivono sullo scrivere: e una volta, dopo aver letto On Writing, mi sono detta che avrei provato a seguire il consiglio di King. Diceva in parole povere che se scrivi tutti i giorni più o meno alla stessa ora, bene o male ti riesce più facile.
In effetti una base di verità c’è – anche io l’ho trovato più facile, nel senso che si crea una specie di routine per cui diventa… quasi automatico. Non nel senso negativo del termine, più nel senso che scrivi più regolarmente, anche se magari con risultati minori da un giorno all’altro.
Ma con me non funziona. Io vado a periodi. Arrivo al momento in cui sono come prosciugata, e allora mi riempio a furia di leggere, fino a quando basta anche una sola immagine per risvegliare il periodo “creativo”. E allora divento seriamente un vulcano di idee – penso le trame più disparate, prendo maree di appunti, scrivo fino a indolenzirmi le dita.
Credo di essere, adesso, nella fase di transizione tra i due periodi.

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