Sono in un momento di pausa nella traduzione di After the Fall. Ho iniziato a tradurla, mi sono anche fatta un programmino di traduzione per tutto il mese: ho deciso chi tradurre, quanto, e cosa. Tra ieri e oggi – ma oggi non ho ancora finito – ho tradotto più di 13.000 parole di questa storia, l’equivalente di tre capitoli e mezzo circa. I miei esperimenti con excel mi hanno permesso di avere anche una previsione: se mantengo questo ritmo (e so da sola che è piuttosto insostenibile), nel periodo di tempo che ho deciso di dedicare a questa storia, questo mese, arriverò al capitolo 32 (sui 67 attualmente online in inglese). Attualmente sto traducendo il 21.
Questo vorrebbe dire avere parecchi capitoli a disposizione per gli aggiornamenti – vorrebbe dire essere a posto fino a febbraio dell’anno prossimo. Domani penso di mettere su il capitolo nuovo.
Poi mi dedicherò a Larathia, e al suo Griever, su cui mi sono bloccata tempo fa. Sempre stando alle previsioni di Excel, dovrei arrivare quasi alla fine anche con questo.

Il fatto è che tradurre permette di cogliere sfumature della storia che una semplice lettura non ti dà. Non è solo una questione di barriera linguistica: è una questione di attenzione che si pone ad ogni particolare, di necessità di rendere al meglio ogni frase – frasi che magari, leggendo, ho capito ma a cui non ho dato peso.
Certo, in questo caso c’è anche il discorso che so cosa succederà dopo, cosa che alla prima lettura invece non sapevo. Mi sono trovata, tra ieri e oggi, a tradurre due frasi che ho trovato particolarmente amare, visto ciò che capiterà nei prossimi 40 capitoli (wow. E non siamo alla fine). So che però anche chi leggerà la storia in italiano darà poco peso a queste frasi, ma non è giusto che io le sottolinei – non è giusto che io quasi imponga la mia interpretazione della storia. Già lo faccio, in un certo senso, quando scelgo un termine piuttosto che un altro durante la traduzione.
Vabbè, considerazione random.

Dal punto di vista della scrittura, sono lanciata. Sono nel periodo creativo, adesso (e detto così sembro un po’ malata, lo so!). Ho preso appunti, ho quasi finito – finalmente! – il capitolo nuovo di Hallelujah, il secondo di Cards (anche se non sarà un vero capitolo) e oramai ho finito la progettazione di Moonlit Orchid e di un’altra storia che ho in mente.
Insomma non riuscirò mai a finire il mio vero romanzo, così. Ma scrivo e tanto mi basta.

A proposito: in questi giorni ho avuto a che fare con un esordiente un po’… ecco… come dire… pieno di sé?
La cosa mi ha fatto riflettere.
Se sono mai stata, nei vostri confronti, pretenziosa, con un atteggiamento da ‘tutto mi è dovuto’, piena di me e chissà che altro, me ne scuso infintamente in ginocchio sui ceci.
Sappiate che, oggi come oggi, vi sono semplicemente grata del tempo che perdete leggendomi, e a volte commentandomi. E’ già tantissimo. Scusate se a volte me ne sono dimenticata.

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