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Disclaimer: questa storia è ispirata a La bella addormentata nel bosco, di Charles Perrault.

TO SLEEP AND DREAM
scritta da Abbykat, tradotta da Alessia Heartilly

Mentre il suo corpo dormiva, la sua mente sognava.

Era una cosa facile lasciare semplicemente che la sua mente vagasse, lasciare che un scia ad acquarello di immagini fluisse e rifluisse intorno a lei. Debolmente, sentiva il mastio e la sua gente dormire intorno a lei; debolmente, era consapevole della lenta, inesorabile crescita del muro di spine. Il tempo era insignificante e fluido mentre sognava; giorni e mesi e anni si confondevano insieme in un fiocco liscio, senza fine, intatto.

Avrebbe dovuto morire. L'incantesimo avrebbe dovuto ucciderla, lo sapeva. Morte sulla punta di un ago, più veloce e più sicura del veleno. Ma la sua era una mente forte, e c'era magia nel suo sangue; aveva lottato, e aveva conquistato un piccolo acquisto. Invece di morire, dormì semplicemente, e il popolo dormì con lei.

Furono i giovani uomini a svegliarla, finalmente. Erano tre insieme, tutti amici, pieni di energia e impazienti di avere gloria. Li sentì avvicinarsi insieme, sentì quell'energia luminosa e impaziente diventare dolore e paura quando i rovi li lacerarono. La scioccò, distraendola dal suo sogno. Sono venuti per me, si rese conto, in maniera nauseante. Sono venuti perché io sono qui.

E poi, più disturbante; quanti altri sono venuti, e sono morti, mentre sognavo?

Non poteva permettere che ne morissero altri mente lei stava lì passivamente a sognare e ad aspettare di essere salvata. Per gli dei, non lo avrebbe fatto. Era la figlia di un signore e il sangue di un re elfico, per quanto diluito fosse dalle innumerevoli generazioni, le correva nelle vene. Avrebbe lottato per se stessa.

Scoprì, però, che il suo potere era limitato. Non poteva spezzare il suo stesso sonno, né disfare il sogno che tratteneva il mastio. Né poteva uccidere i rovi, ormai un muro massiccio più spesso di un fossato e più alto di una palizzata. Quando arrivarono altri giovani uomini, da soli o in coppia, cercò di aiutarli, ma scoprì che non potevano sentirla. Si gettarono insieme sui rovi, uno dopo l'altro, e i rovi li uccisero mentre lei gridava verso di loro dall'oscuro silenzio del suo sonno.

Non può continuare così, si disse con stanchezza. Deve finire. Devo farlo finire.

Da qualche parte, ci doveva essere qualcuno con abbastanza magia da sentirla, abbastanza cuore da venire da lei, abbastanza saggezza da trovare una strada tra i rovi, abbastanza potere da aiutarla a spezzare il suo sonno. Doveva solo trovare quella persona; ci sarebbe soltanto voluto tempo.

Il tempo ce l'aveva in abbondanza.

Mandò la sua mente alla ricerca all'esterno, oltre il castello dormiente e i rovi cupi, cercando la persona che poteva aiutarla. Scintille di vita le scivolavano accanto, come grani di sabbia multicolori e luccicante sparsi tutt'intorno. Le toccò, una dopo l'altra; alcune erano sorde ai suoi richiami, e da altre si ritrasse per la paura di ciò che vide al loro interno. Nessuna le rispose.

Andò più lontano, cercò più ampiamente, chiamò con più voce. E, quando ancora nessuno la sentì, cercò ancora più lontano da se stessa, e il tenue legame con il suo corpo addormentato si stiracchiò fino al suo tremante limite. E lì, al bordo vago della sua ricerca, la persona che cercava si allungò verso di lei e la colse come una persona può prendere un'altra per il polso.

Chi sei? chiese lui, e poi, sto sognando.

Un uomo, allora; un giovane uomo. Immaginò che non avrebbe dovuto sorprendersi. , gli sussurrò lei. E no. Stai sognando, ma io sono abbastanza reale, e ho bisogno del tuo aiuto.

Cautela, e un dubbio persistente, gli risuonò nella voce. Che cosa vuoi da me?

Il tuo aiuto, ripeté lei con insistenza. Sono intrappolata qui.

E io posso liberarti?

Era richiesta onestà, quindi lei la offrì. Non lo so. Penso... che tu possa aiutarmi a liberare me stessa.

Lui rimase in silenzio per un po'. Non capisco, disse infine.

Mi dispiace, gli disse lei. Non è così che avrei scelto di venire da te, se avessi avuto un qualsiasi altro modo.

Come posso essere sicuro che questo non è semplicemente un sogno? le chiese lui.

Ti prometto che non lo è, disse lei con sincerità. Per favore, devi aiutarmi. Non c'è nessun altro.

Lui esitò ancora. Dimmi chi sei.

Liadan, gli disse lei dopo una pausa. Io sono... Liadan.

Liadan. Lui provò il nome, lo assaporò. Poi, infine, le disse, io sono Gareth, e se posso ti aiuterò.

Grazie, sussurrò lei, e poi, con la forza che veniva meno, scappò in sé.

*~*~*~*~*

Aspettò un po' più a lungo di quanto avrebbe dovuto per cercare di raggiungerlo di nuovo. Si disse che era perché aveva bisogno di riacquistare il suo potere prima di andare di nuovo così lontano. In verità, aveva paura di non essere più in grado di raggiungerlo... o, se ci fosse riuscita, che lui avesse cambiato idea. Quando infine lo raggiunse, però, lo trovò ad aspettarla.

Gareth? chiese esitante, e incontrò un inconfondibile sollievo.

Sei tornata, disse lui. Mi chiedevo... aveva paura di averti sognato, dopo tutto.

Sei sicuro adesso? gli chiese lei, leggermente divertita e... sì... un po' sollevata lei stessa.

, le disse lui seriamente. Prima dormivo, ma sono sveglio adesso. So che non sei un sogno.

E vuoi ancora aiutarmi?

Come posso non farlo? chiese lui con franchezza. Mi hai chiamato.

La commosse, quella semplice dichiarazione. Grazie.

Prego, disse lui, poi chiese, dove sei?

Si concentrò molto sulla mappa delle proprietà della sua famiglia; il fiume che scorreva così al confine sud, la linea curva al bordo della foresta ad ovest così, la mezzaluna irregolare del lago così ad est. Pensò al mastio per come lo ricordava meglio, pietra bianca macchiata di rosa dalla luce di un tramonto feroce. Gli mostrò tutte queste cose, meglio che poteva.

Capisco, penso, disse lui infine. Mostrami di nuovo... il fiume.

Lei gli mostrò il fiume in un'altra mappa; questa era dell'intero regno, intessuta in un arazzo che era ancora appeso nel castello, a meno che fosse marcito mentre lei dormiva. Ricordò di aver fatto scorrere le punte della dita lungo la striscia intessuta di blu, cercando di memorizzare con il tatto le curve e i nodi.

, disse lui immediatamente. Sì, capisco. Posso arrivarci. Dimmi cosa affronterò.

È una magia, gli disse. Una magia del sonno. Doveva uccidermi, ma ha fallito... ci tiene tutti, ma io sono la chiave.

So qualcosa di magia. La sua sicurezza la rincuorò.

C'è un muro di rovi intorno al mastio, disse lei. Nessuno l'ha mai superato finora.

Ah, disse lui, e non elaborò. Dopo un momento aggiunse, mi preparerò, e verrò non appena potrò. Ci vorrà tempo, la avvisò.

Io ho tempo, rispose lei solennemente.

Allora ci parleremo di nuovo.

*~*~*~*~*

Si parlarono ancora, spesso, mentre lui viaggiava. Dopo essere stata sola così a lungo con i suoi sogni, per lei era un sollievo avere qualcuno con cui parlare.

Lei gli disse della strega, e di come era arrivata ad accadere la maledizione che l'aveva quasi uccisa. E così ha sempre provato risentimento per non essere stata invitata alla celebrazione della mia nascita, penso, anche se i miei genitori non ne hanno mai parlato... hanno sempre avuto paura di cosa avrebbe potuto fare. Ma quando è venuta alla mia festa di nascita, e Papà l'ha insultata così terribilmente...

Questo non la giustifica nel cercare di ucciderti, notò seccamente Gareth. Tu non le hai fatto niente. Avrebbe potuto almeno colpire chi l'aveva insultata. Eri innocente.

No... disse lei lentamente. Non innocente. Non le ho fatto niente, ma... non penso di essere stata gentile, e avrei dovuto esserlo.

Forse, disse lui, ma nel bene o nel male, ormai è fatta. Sono solo contento che non sia riuscita nelle sue intenzioni.

Anche io, concordò lei empaticamente.

Cambiando argomento, lui disse, non mi hai mai detto il tuo cognome.

Aravel.

Pianto, rifletté lui. È adatto.

Non sono sicura che sia un complimento.

Penso che sia abbastanza bello, disse lui allegro.

Beh, chiese lei, e tu?

Lui era tutta innocenza; e io?

Ti ho detto il mio cognome, rispose lei. Qual è il tuo?

Gareth Koerin Talejar, figlio di Audaron, ribatté lui prontamente. Non è orrendo?

Figlio di Audaron? domandò lei scioccata. Sei il principe del reame?

Beh, disse lui, in una certo senso imbarazzato, non è che tu l'abbia chiesto. Comunque, ho tre fratelli più grandi, quindi non è che sarò mai re. E per dirlo francamente, non voglio esserlo. Puoi immaginare di passare la vita come Kedrynth Legaydan Tredicesimo?

Tredicesimo, rifletté lei. Il nostro re era il Decimo.

Il divertimento di Gareth svanì. Hai dormito molto tempo.

, disse lei sobriamente. Sì, è così.

*~*~*~*~*

"Rose," disse lui. Era in piedi proprio oltre i rovi, e lei poteva quasi sentire la sua voce.

Cosa?

"Sono rose... i tuoi rovi," spiegò lui. "Non lo sapevi?"

No, rispose lei, non lo sapevo.

"Stanno sbocciando."

Sembri compiaciuto.

"Lo sono," rispose lui. "Mio padre pratica molto giardinaggio. Conosco le rose."

La sua allegria era contagiosa. Hai molti talenti.

"Sì, davvero." Era così vicino che poteva sentirlo mentre pesava la sua arma. "Allora. Iniziamo."

Fu un lavoro lungo e faticoso, e lei fu con lui ad ogni passo. Lui non caricò direttamente. Invece, affrontò il suo lavoro come un giardiniere avrebbe potuto attaccare un giardino di rose tristemente troppo cresciuto, tagliando via le parti morte e trascinandole fuori, e poi tornando a rifarlo, creando lentamente un tunnel che si attorcigliava come il letto di un fiume. Una o due volte, arrivò alle ossa sbiancate di chi era stato lì prima di lui.

Non potevano sentirmi, disse lei, rimpiangendo di nuovo quelle morti.

"Poveri pazzi coraggiosi," disse lui addolorato, e continuò, promettendo di aiutare a seppellirli più avanti.

Le spine gli strapparono i vestiti, e le mani dolevano per i graffi e i tagli. La frizione dell'impugnatura dell'ascia creava vesciche che gli bruciavano sui palmi. Un dolore fioco e persistente si era radicato nelle sue braccia e stava lentamente fiorendo. Proprio oltre la metà, però, si fermò, e lei poté sentirlo ansimare. "Mi dispiace," disse, "devo riposare. Mi sento le braccia a pezzi."

Riposa, lo incoraggiò lei. Sei arrivato lontano. Manca ancora poco.

"Avresti dovuto scegliere un contadino grosso e forte con muscoli di un bue," disse Gareth ironicamente, "invece di un giovane principino delicato che non riconoscerebbe il lavoro di una giornata nemmeno se lo mordesse."

Non mi lamento.

"Rincuorante," rispose lui, e lei seppe che lo pensava davvero. "Fammi solo riprendere fiato."

Ti aiuto, mormorò lei, allungandosi verso di lui. Il suo sobbalzo mentre lei sanguinava energia in lui era quasi divertente.

"Che cos'hai fatto?" chiese lui stupito. "Mi sento quasi nuovo."

Ti ho prestato la mia forza, gli disse, compiaciuta dell'averlo aiutato.

"Così hai fatto, e ti ringrazio. Beh, allora," decise lui con rinnovato vigore, "torniamo al lavoro."

*~*~*~*~*

Anche con la forza extra, era più difficile avanzare, e lei condivise ogni dolore mentre lui si avvicinava all'altro lato. "Non sarò mai meno che rispettoso a un tagliaboschi, in futuro," le disse stanco.

Hai quasi finito, lo incoraggiò lei, desiderando disperatamente di poter essere accanto a lui per condividere la fatica.

"Sì," concordò lui. "Posso vedere i cancelli oltre le rose." Alcuni altri tagli, un ultimo lungo viaggio per trascinare i rami tagliati all'imboccatura del tunnel, e alla fine passò, sbattendo scioccamente le palpebre nel bagliore del mezzogiorno che illuminava il cortile.

"Dei del cielo," boccheggiò. "Penso di non essere mai stato così esausto in tutta la mia vita."

Ce l'hai fatta. La speranza ribollì in lei come una fresca sorgente di campagna.

"Sì..." Era poco più che un sospiro.

Gareth?

"Scusa..." sussurrò lui. "Sono solo così... stanco."

È solo un po' più avanti, lo incoraggiò lei, all'improvviso ansiosa.

"Lo so... mi serve solo un momento." Lui barcollò, con la schiena che grattava contro la pietra del muro quando ci si sedette lentamente contro.

Era sbagliato. Se ne rese conto quasi troppo tardi. No, Gareth! È la magia del sonno... combattila!

"Sì, sonno..." borbottò lui. "Solo qualche minuto..."

No! Non puoi! Fu presa dalla rabbia. Con tutta la sua forza gli gridò nella mente, svegliati!

Lui si raddrizzò come se fosse stato colpito. "Non c'è bisogno di gridare," le disse con tono seccato, la voce risoluta e ben sveglia.

Mi dispiace, si scusò lei. Era la magia... ha cercato di prenderti.

"In quel caso, grazie." Sembrò imbarazzato. "Mi sento un po' idiota."

Va tutto bene. Il mondo girò come una trottola intorno a lei.

"Liadan?" chiese lui preoccupato. "Va tutto bene?"

Mi sento così strana...

"Ti sento appena. Liadan, dimmi dove sei!"

Si sentiva debole come l'acqua. La torre di nord-est...

La sua voce sembrò arrivarle da molto lontano. "Arrivo. Liadan, resisti!"

Il buio le crepitò intorno, avvolgendola con petali vellutati. Ci provo...

"Liadan!"

*~*~*~*~*

Liadan Aravel si svegliò dal buio al tocco gentile di un bacio sulla bocca. Aprì gli occhi lentamente, le palpebre curiosamente pesanti, come se fossero state chiuse a lungo. Per alcuni momenti, il mondo non fu altro che una brillante confusione di colore e luce. "Oh," disse lei, senza capire subito. "Oh."

Lentamente i suoi occhi si focalizzarono. Era per terra, con dei giunchi sparsi tutt'intorno a lei. Chino su di lei c'era un giovane uomo, e il viso magro e ansioso era incorniciato da spettinati capelli neri. "Gareth," mormorò, e il nome le arrivò attraverso una nebbia di confusione.

Il suo sorriso sollevato gli illuminò il viso come luce del sole. "Liadan. Grazie agli dei. Come ti senti?"

Stava tornando a lei per gradi. La maledizione, il suo lungo sonno... lo aveva chiamato. Era passato attraverso i rovi... e poi... "Cosa è successo?"

Il viso di Gareth tornò serio. "Avevo paura di essere arrivato troppo tardi. Non ti sentivo più... ti ho trovato qui; eri così ferma e pallida che non ero sicuro che tu fossi viva."

"Hai spezzato l'incantesimo." Sollevò una mano esitante al suo viso. Tutto sembrava così luminoso e fresco e chiaro. "Ce l'abbiamo fatta allora."

Lui sorrise di nuovo, prendendole la mano nella sua e stringendola come se fosse qualcosa di prezioso. "Non ho fatto niente. Ad ogni modo ti sei svegliata, hai fatto tutto da sola."

"Ti devo la vita," disse Liadan con gravità.

Gareth scosse la testa. "No, io non penso." Le fece un sorriso veloce e fascinosamente di sbieco. "D'altra parte, se tu mi offrissi vestiti puliti, non credo che rifiuterei." Gettò un'occhiata afflitta alla manica macchiata e lacera della sua tunica una volta elegante di lana verde.

Lei gli sorrise con affetto. "Sono sicura che si possa fare qualcosa."

Lui si portò teneramente la sua mano alle labbra, notando, "ti sanguina il dito."

Un assurda risatina le sorse in gola. "Le tue sono peggio."

"Mmh." Le sue mani erano affusolate e artistiche, indurite da rabbiosi graffi rossi. Un graffio sulla tempia perdeva sangue lungo il lato del viso.

Da qualche parte, fuori, Liadan sentì le voci iniziare a levarsi. "Gli altri si stanno svegliando."

Gareth annuì. "Saranno confusi."

"Dovremmo scendere e cercare di spiegare?" chiese lei sorridendogli.

Lui si spostò per aiutarla ad alzarsi. "Certo."

Lei si scoprì rigida e con scarso equilibrio, e dovette appoggiarsi a Gareth per tenersi in piedi. Guardandolo chiese dolcemente, "rimani?"

Il suo sorriso era brillante come l'alba. "Certo."

Mano nella mano, uscirono insieme per salutare il nuovo giorno.

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Nota della traduttrice: come sempre, ogni commento sarà tradotto e inviato all'autrice, così come ogni sua eventuale risposta sarà riportata come risposta alla recensione (nei siti che lo permettono) o comunque sul mio blog.
Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! Alessia Heartilly


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