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ABSENCE
scritto da Tairi Soraryu, tradotta da Alessia Heartilly
Capitolo Quattro

"Io esco."

Inuyasha si alzò, mentre Sango lavava i piatti. Le teste si voltarono a guardarlo, sorprese. Non aveva detto nulla per tutta la sera dopo che lui e Miroku erano tornati dal fiume, dove si erano lavati insieme al resto dei paesani prima di tornare indietro, stanchi e affamati e puliti, per riposare durante la notte.

"Dove vai?" Kaede non sembrò troppo preoccupata; stava annodando le erbe raccolte dal foraggio di un campo lì vicino per farle seccare.

Inuyasha in qualche modo si offese per la domanda. "Fuori" sbottò bruscamente, e marciò fuori dalla porta.

"Che stizzoso!" Shippou stava riacquistando sempre di più la sua vecchia scintilla. O forse era stata la porzione extra di pesce che aveva avuto per cena.

Kirara miagolò per simpatia, con la testa piegata con fare inquisitore verso Sango. Accarezzandole la testa per rassicurarla, Sango parlò rivolta a Shippou. "Lascialo stare, Shippou. Sta soffrendo."

Quello sembrò far fare una pausa al piccolo kitsune. "Sta... soffrendo?" Fissò l'arazzo che volteggiava gentilmente dopo il passaggio brusco di Inuyasha.

"Semplicemente non sa come mostrarlo."

Inuyasha lasciò che i piedi lo guidassero lontano dal villaggio. Si sentiva come quelle persone che aveva visto una volta, in un film che aveva visto nel tempo di Kagome. Uomini americani, che farfugliavano in toni bruschi e gutturali che lui non capiva. Non riusciva a leggere i sottotitoli abbastanza in fretta per capire tutto, ma Kagome gli spiegava sempre prima i punti di base della trama, e sceglieva sempre film divertenti da vedere. Macchine veloci ed esplosioni e pugni che volavano e sangue. Vedeva abbastanza sangue nella vita reale, ma questo era... divertente.

Uomini americani che indossavano catene e uniformi arancio acceso e che vivevano dietro delle sbarre. E una volta al giorno avevano il permesso di andare nel cortile chiuso dove uomini con lunghe pistole nere stavano di guardia. Prigionieri, li aveva chiamati Kagome.

Si sentiva un prigioniero del suo stesso cuore, e aveva già usato la sua ora d'aria.

Era stanco per il duro lavoro della giornata. Lui e Miroku avevano finito il campo, e anche se Miroku lo aveva rassicurato di aver fatto abbastanza, Inuyasha si era immediatamente messo ad aiutare a sistemare il tetto di una delle altre capanne. Non poteva sopportare lo stare seduto, l'aspettare. Il riposare. Non poteva sopportare di stare da solo con i suoi pensieri. Quando lavorava, poteva concentrarsi sul bruciore dei muscoli e sulla sensazione del sudore sulla pelle.

Ma poi... Erano i momenti successivi ad essere i più difficili. Cercava il più dannatamente possibile di andare a dormire non appena aveva finito di mangiare, per quei pochi bocconi che riusciva a costringersi a inghiottire. Cercava duramente di strizzarsi nell'incoscienza non appena il sole tramontava e tutte le attività rallentavano fino a fermarsi per lunghe ore buie.

Troppo lunghe, troppo buie. Kagome era stata la sua luce del sole. Aveva bisogno di lei.

Non poteva sopportarlo. Lei gli mancava.

Inuyasha non fu del tutto sorpreso di trovarsi in piedi al bordo della radura, davanti al pozzo abbandonato. Quanto spesso ci era venuto? Per trascinarla via dai suoi studi, dalla sua famiglia, dal suo mondo. Dalla sua vita. Quanto spesso le aveva impedito di tornare indietro?

Quanto spesso era venuto qui mentre lei non c'era, a borbottare, imprecare, temere, sperare. Senza mai sapere se lei sarebbe mai tornata. Senza mai osare sperare che lei sarebbe tornata per restare. Pregando gli dei in cui non credeva di permetterle di tornare da lui, solo una volta ancora...

Gli parve di avere i piedi di piombo, attraversando la radura illuminata dalla luna fino al bordo del pozzo. Il cuore gli martellava nel petto, e sentiva il respiro arrivare in ansimi poco profondi. Strinse gli occhi posando appena gli artigli sul bordo del pezzo. Il Shikon no Tama se n'era andato per sempre. Quello che aveva legato i due mondi, facendo da ponte al tempo stesso, era svanito. All'apparenza, era in piedi davanti a un semplice pozzo secco senza nulla di particolare.

Inuyasha aprì gli occhi, ma non riuscì a trovare il coraggio di guardare in basso. Invece, i suoi occhi furono attratti dai contorni distanti del Goshinboku. Per favore... Non sapeva perché il pensiero fosse tornato in superficie nella sua mente, ma sembrava... giusto. Per favore. Per favore, funziona.

Non poteva dire quello che voleva di più. Permettimi di vedere ancora Kagome. Perché sapeva che il solo vederla non sarebbe stato abbastanza. Non poteva dire, permettimi di stare con Kagome, perché sapeva di non poter stare con lei. Non nel suo mondo. E non poteva chiederle di stare nel suo.

Quindi era solo, per favore. Per favore...

Saltò nel pozzo. E quando colpì il fondo, seppe che non aveva funzionato. Non si era connesso. Niente luce, niente tirare alla spina dorsale e alle viscere, niente raffica improvvisa di odori, grassa e spessa e sporca, che parlava del suo mondo. Solo il profumo della foresta e delle piante addormentate d'inverno.

Inuyasha uscì dal pozzo con il cuore più pesante di quanto si fosse aspettato. Era andato e aveva sperato, ed ecco com'era rimasto.

Con il cuore spezzato.

Imbecille.

Shippou era in piedi sul bordo della radura, a guardarlo. Per un momento, Inuyasha si arrabbiò, si arrabbiò perché il kitsune aveva invaso un suo momento privato. Ma proprio come era venuta, la rabbia gli passò addosso, svanì. Poteva sentire la solitudine riversarsi dal piccolo kitsune, e seppe che Shippou stava soffrendo proprio quanto lui.

Forse di più. Almeno lui era riuscito a vederla, dentro il meidou, un'ultima volta. Almeno lui aveva potuto portarla a casa, vederla felice, prima che il pozzo si sigillasse. Almeno lui aveva potuto dire un qualcosa di simile a un 'addio'.

Contatto degli occhi. La sensazione di profondo sollievo. Gratitudine. Comprensione. E poi il profumo che svaniva di lei, un'ultima volta.

"È chiuso?"

La voce del kitsune tremò. Non si mosse, dal punto in cui stava in piedi su un affioramento roccioso. Aveva gli occhi fissi sul viso di Inuyasha, e non c'era alcuna della malizia o sfacciataggine che di solito aveva.

Inuyasha tornò al punto dove sedeva il piccolo. Ed era solo un bambino, nonostante tutto. Si abbassò attentamente sulla roccia accanto a lui, senza essere del tutto sicuro di come affrontare il dolore di Shippou quando non sapeva nemmeno cosa fare del proprio. "È chiuso."

Gli occhi di Shippou si riempirono, e tirò su coraggiosamente con il naso. "Non volevo venire a spiarti o cose così" borbottò. "Solo che... volevo solo..." Le parole gli mancarono, mentre le lacrime iniziavano a scendere con un gemito.

La rabbia di un kitsune non era nulla con cui giocare, come Inuyasha aveva avuto modo di scoprire, e il suo orgoglio non era cosa di poco conto. Ma in quel momento, Inuyasha fece l'unica cosa a cui poteva pensare, e sperò solo di non trovarsi a essere gettato via da una giostra rotante, o incollato a un'altra oltraggiosa statua di pietra. Lo aveva visto fare a Kagome abbastanza spesso. Si allungò e attirò Shippou a sé, cullandolo contro il petto. Shippou chiuse entrambe le mani a pugno davanti all'haori di Inuyasha, singhiozzando.

"Non tornerà, vero? Kagome se n'è andata per sempre?"

Voleva dire di no. Voleva aggrapparsi alla speranza che un giorno sarebbe tornata. Voleva credere alla sua promessa. Starò al tuo fianco. Voleva... Voleva...

Non voleva più dolore. Fece scorrere una mano imbarazzata e delicata sulla testa di Shippou. "Kagome è proprio qui, se la vuoi." Shippou alzò il viso bagnato di lacrime a guardare Inuyasha, con una speranza così nuda nell'espressione. Inuyasha ignorò la stretta al cuore e picchiettò un dito ad artiglio contro il petto di Shippou, proprio sopra il cuore. "Qui dentro, se ricordi."

La faccia di Shippou cadde a pezzi sotto al peso delle speranze distrutte. "Mi manca Kagome!" Si gettò di nuovo in lacrime con un lamento disperato.

Inuyasha strinse il kitsune al petto e sentì le lacrime bruciargli gli occhi mentre fissava il pozzo vuoto. Anche a me, pensò, e non si sentì meno disperato del bambino in singhiozzi tra le sue braccia. Manca anche a me.

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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