Absence by Tairi Soraryu
Summary: Kagome se n'è andata, e tutti devono abituarsi alla assenza. Dopo tre anni, la brezza porta un profumo familiare: è solo un sogno o potrebbe essere la realtà?
Categories: Fanfiction Translation Center, Anime e Manga > Inuyasha Characters: Inuyasha, Kagome, Quasi tutti
Generi: Generale, Malinconico
Linee temporali: Nessuno
Avvertimenti: Traduzione
Challenges: Nessuno
Series: Nessuno
Chapters: 5 Completed: No Word count: 9468 Read: 113959 Published: 02/06/16 Updated: 06/11/16

1. Capitolo 1 by Tairi Soraryu

2. Capitolo 2 by Tairi Soraryu

3. Capitolo 3 by Tairi Soraryu

4. Capitolo 4 by Tairi Soraryu

5. Capitolo 5 by Tairi Soraryu

Capitolo 1 by Tairi Soraryu

Disclaimer: Inuyasha e i suoi personaggi sono proprietà di Rumiko Takahashi, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro. Nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

Nota dell'autrice: la mia intenzione era che questa fosse una oneshot piuttosto breve. È diventata qualcosa di più lungo, ma non cercate soluzioni piene, qui. Spoiler per la fine del manga.

Nota della tradutrice: non conosco il fandom, per cui se ci sono errori mandatemi per cortesia un pm per segnalarmeli. Grazie!

ABSENCE
scritto da Tairi Soraryu, tradotta da Alessia Heartilly
Capitolo Uno

"Pensi che Inuyasha si senta solo?"

Era una domanda comunemente mormorata nel gruppo. Una domanda senza risposta.

Inuyasha sapeva che si preoccupavano per lui. Era il loro modo - il modo umano - di concentrare così tanta energia sul pensare ai loro compagni. E negli anni, era arrivato ad essere uno di 'loro'. Uno del gruppo.

Non gli dava fastidio. Anche se parte di lui si sarebbe sempre preparata al rifiuto che nel profondo del cuore temeva che sarebbe inevitabilmente arrivato, gradiva il conforto del sapere che loro c'erano per lui. Alla fine della giornata, mentre il sole morente gettava lunghe ombre sul piccolo villaggio, si raggruppavano intorno al fuoco nella capanna di Sango e Miroku, a cucinare il pasto serale e a prepararsi per la notte in arrivo.

E quando lui entrava, c'erano sorrisi e accoglienze calorose, abbracci entusiastici delle gemelle, e un commento furbo di Miroku o, cosa più frequente, adesso, Shippou. A volte portava qualcosa da condividere - fiori per il tavolo, o gingilli per le bambine, o pesci, o giochi presi nei boschi.

C'era tè caldo e riso bianco e compagnia nel cottage, prima che i diversi compagni andassero a dormire - Kaede e Rin nella capanna più piccola di Kaede, vicina ai terreni del santuario; Inuyasha fuori; Shippou con chiunque avesse scelto per la notte.

A volte, Inuyasha stava con Miroku e Sango, o con Kaede. Quando alle gemelle era venuta la febbre, aveva passato tutta una settimana con il monaco e la sua famiglia, a stare in piedi tutta la notte - non lo infastidiva come capitava agli umani - per cambiare le pezze umide sulle loro fronti e per offrire loro un sorso d'acqua quando si svegliavano, spaventate e petulanti.

E quando Kaede si era ammalato di tosse l'inverno passato, lasciando tutti con la paura che la vecchia miko se ne sarebbe andata una volta per tutte, aveva passato un giorno e una notte al suo fianco, curandola meglio che poteva con erbe e pozioni che lei gli insegnava a mescolare nei tè e nei brodi.

Ma quella sera, Shippou si appoggiò alla spalla di Inuyasha mentre l'hanyou si alzava per andarsene. "Non vuoi rimanere? Fa ancora freddo fuori" disse Sango mentre prendeva i piatti della cena perché Miroku li portasse fuori a lavarli nel fiume. Era bella come sempre, con gli occhi che danzavano ora che suo fratello era al sicuro lontano dalle grinfie di Naraku, e stava guarendo. Si era addolcita con la maternità, era fiorita nell'amore della sua famiglia. Non era più la rigida e severa taijiya dei loro giorni di viaggio.

La risposta di Inuyasha era prevedibile, ma anche lui addolcì le parole con un sorriso sghembo. "Keh. Sei tale e quale a Kagome."

Gli sfuggì senza intenzione, e per un momento il cuore gli si torse dolorosamente nel petto. Il silenzio era vuoto, e riuscì a costringere a riportarsi un sorriso, forzato, sul volto. "Sempre a preoccuparvi di me. Non sono debole come voi umani."

"Deboli umani! Deboli umani!" Le gemelle, Mieko e Kimiko, ridacchiarono felici. Probabilmente non capivano il significato delle parole, prese com'erano dal ripetere senza pensarci qualsiasi cosa dicesse Inuyasha. Aveva dovuto imparare a stare più attento a cosa si lasciava uscire dalla bocca quando loro erano a portata d'orecchi.

L'occhiata che gli lasciò Sango accennava al suo fallimento nello stare abbastanza attento questa volta, e Inuyasha abbassò leggermente le orecchie a mo' di scusa. Si chinò per prendere le bambine in braccio, facendole urtare chiassosamente mentre loro ridevano e strillavano di gioia. "Zio Inuyasha!"

Zio Inuyasha. Quel titolo gli faceva ancora correre dentro lampi gemelli di gioia e paura. Il nome accennava a una vicinanza, una permanenza, una responsabilità persino adesso, due anni dopo la partenza di Kagome, che non era sicuro di volere. Di essere pronto per questo.

"Gli umani non sono deboli. Voi siete umane, e siete carine!"

"Carine! Carine!"

Il sorriso di Miroku era caldo e pieno mentre si alzava per riprendersi le sue figlie. Sollevò un sopracciglio rivolto a Inuyasha mentre l'hanyou si alzava per andarsene. "Attento, Inuyasha. Finirai per essere un vecchio sdolcinato prima di accorgertene."

"Keh. Stupido monaco."

"Monaco! Monaco!"

Con una smorfia, Inuyasha corse prima di essere richiamato anche su questo.

Shippou, appollaiato sulla testa di Inuyasha dove era stato al sicuro dalle mani e dalla curiosità infinita delle gemelle sulla sua coda, scese di nuovo sulla spalla di Inuyasha mentre si facevano strada oltre i confini del villaggio verso la foresta buia. L'aria della sera era profonda e ferma, e il cielo là sopra era una distesa infinita di velluto punteggiato dal luccichio di diamante delle stelle. La luna era calante; ancora qualche notte e sarebbe svanita nel nulla, come faceva ogni mese.

"Vai al pozzo?"

Inuyasha grugnì, ma incrociò le braccia sul petto contro il leggero freddo della brezza. "Sai già la riposta, quindi perché chiedere?"

Shippou scrollò le spalle, un movimento piccolo, indifferente. "Pensi che funzionerà mai?"

"Non lo saprò mai se non ci provo." Si sentiva la gola stretta, gli faceva male il petto. Gli faceva male tutto. Faceva male provare, faceva male sperare. Faceva male sapere che la scelta che aveva fatto due anni prima era quella giusta. Aveva finalmente fatto qualcosa di giusto, ma faceva ancora male. Anche se faceva male, E faceva così male che a volte sembrava che qualcuno fosse arrivato dritto nel suo petto a strappargli il cuore e strizzarlo fino a quando non poteva immettere aria nei polmoni per lenire il bruciore, non poteva rimpiangerlo.

Kagome era felice, dovunque fosse, ed era abbastanza. Andava abbastanza bene.

"Cosa faresti se funzionasse?"

Inuyasha si trascinò fuori dai suoi pensieri per posarsi la kitsune sulla spalla, uno sguardo duro negli occhi scuri color ambra. "Cosa?"

Shippou ripeté la domanda. "Cosa faresti se potessi rivederla?"

Le direI che ho bisogno di lei e non la lascerei mai andare. La afferrerei e la stringerei per sempre. Io... Io...

Avrebbe fatto la stessa dannata cosa che aveva fatto prima, e lo sapeva. Era stata una sua decisione, e l'aveva presa quando aveva lasciato che il pozzo lo risucchiasse indietro quell'ultima volta senza nemmeno una protesta. Un addio finale. Tutto quello che c'era era il trascinarsi del corpo e dell'anima, il lampo accecante di luce, e l'espressione di negazione spaventata sul viso di Kagome, mentre spariva un'ultima volta dal suo mondo.

"Niente." Inuyasha sospirò, piegò la testa per guardare le stelle attraverso i rami bordati di notte. Troppo presto, ancora troppo freddo perché gli alberi mettessero le foglie, verdi e rigogliose, anticipando i caldi mesi estivi. Aveva ammesso la sconfitta, il fallimento, molto prima. "È al sicuro, e ha la sua famiglia, e i suoi amici, e la sua vita là."

Il viso di Shippou era testardo come sempre. "Sarebbe al sicuro anche qui, o avresti smesso di proteggerla? Siamo suoi amici, siamo praticamente la sua famiglia. Aveva una vita qui, con noi." Conosceva Inuyasha, e anche se non l'avrebbe ammesso lui stesso, si incolpava in larga parte per la scomparsa definitiva di Kagome. Shippou aveva sempre saputo che Inuyasha si incolpava sempre quando Kagome attraversava il pozzo verso 'quell'altro tempo' dopo i loro litigi meschini.

Era ben passato il momento di smettere di incolparlo. Ma questo non significava che doveva piacergli.

Inuyasha era stanco di difendere Kagome in sua assenza. In un certo senso, sembrava sempre che stesse difendendo se stesso. Piegando le spalle, ignorando lo strillo di protesta di Shippou dato che il movimento aveva sbilanciato il kitsune, Inuyasha borbottò: "topaccio irritante. Quando riparti per il campo d'addestramento?".

Shippou ridacchiò e basta. Il suono svanì mentre entravano della radura dove si trovava al pozzo, al centro della collinetta erbosa. Viti crescevano intorno al bordo inutilizzato, ora dormienti per l'inverno, ma pronte ad esplodere presto in un groviglio di fogliame. Testamento dello stato di disuso del pozzo.

Con uno sguardo al viso di Inuyasha, Shippou saltò giù dalla sua spalla senza una parola e indietreggiò, nel margine della foresta. Guardò con la familiare fitta di colpa Inuyasha che, da solo, si avvicinava al pozzo abbandonato. Si sentiva sempre come se si stesse intromettendo in qualcosa di intensamente privato, quando accompagnava Inuyasha in queste visite. Come se fosse al corrente di qualcosa che nessun altro avrebbe dovuto conoscere, qualcosa di così speciale che faceva male guardare. Qualcosa che avrebbe dovuto essere solo di Inuyasha e Kagome.

Inuyasha si fermò al bordo del pozzo, guardò giù nelle sue profondità vuote e in ombra. Nella luce fioca della luna, nonostante la vista affinata, poteva a malapena scorgere il fondo duro e sporco. Vuoto di ossa, adesso, come era stato per anni - qualsiasi youkai ucciso nella zona era stato frugato da Sango, ossa e pelle inviate a Toutousai per usarle per armare Kohaku nei suoi viaggi - non era altro che un monumento vuoto.

Vuoto, buio. Come il suo cuore.

Inuyasha non aveva bisogno di guardarsi alle spalle per sapere che Shippou era seduto nell'ombra, a guardarlo con qualcosa sul viso, qualcosa come paura e colpa e interesse. Il piccolo kitsune era l'unico a sapere delle sue frequenti visite a quel posto, e i suoi sempre più inutili tentativi di attraversare il pozzo.

Mise entrambe le mani sul bordo del pozzo, con le dita che stringevano forte il legno secco. Per favore. Non sapeva chi pensava di implorare, ma i suoi occhi si allontanarono dal buio e si concentrarono sulla forma torreggiante del Goshinboku là davanti. Per favore. Per favore, lasciami...

Strinse brevemente le dita, e prima di poter finire il pensiero, saltò oltre il bordo.

Il fondo del pozzo era ammuffito. Il terreno era gelido contro i suoi piedi nudi, indurito da troppi atterraggi bruschi e dagli anni di uso per sistemare i resti degli youkai. Le mura si allungavano in alto intorno a lui e, piegando la testa, Inuyasha alzò lo sguardo non sulla struttura in legno che sovrastava il pozzo, ma sul cielo.

Non era sorpreso. Gli sarebbe piaciuto dire anche di non essere deluso, ma non poté ignorare il modo in cui gli si strinse il cuore. Premette una mano contro un lato del pozzo, recuperando l'equilibrio, mentre chinava la testa e lottava contro le lacrime calde nei suoi occhi. Non aveva pensato, non si era permesso di pensare davvero, che avrebbe potuto farcela... no? Non aveva pensato che questa volta sarebbe stata diversa dalle centinaia di volte in cui ci aveva provato da quando lei se n'era andata, no?

Ma era la stessa cosa. La stessa delusione tagliente che gli pulsava dentro in un'unica ondata forte e debilitante. Chiudendo le mani a pugno, così da sentire il mordo dei suoi artigli contro il palmo, Inuyasha grugnì una volta e saltò facilmente fuori dal pozzo.

Si preparava al fallimento ogni tre giorni, ma non poteva fermarsi. Non poteva evitarlo.

Voleva Kagome. Non avrebbe mai smesso di volerla.

E fino a quando sarebbe rimasto il pozzo, lui non avrebbe smesso di tentare. Fino a quando poteva tenerla nei suoi ricordi, non poteva smettere di soffrire.

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Capitolo 2 by Tairi Soraryu

ABSENCE
scritto da Tairi Soraryu, tradotta da Alessia Heartilly
Capitolo Due

Erano stati sollevati di vederlo quando era uscito dal pozzo quell'ultima volta. Sbattendo le palpebre e strizzando gli occhi contro la luce accecante, con il bordo dei loro sorrisi radiosi che svaniva mentre cercavano dietro di lui la figura familiare che tutti volevano vedere. Confusione, quel primo impeto duro di incredulità, brusco e accusatorio nella pausa pregnante che seguì.

"Inuyasha..." Sango fu la prima a parlare. I suoi occhi si spostarono dal suo viso al pozzo vuoto dietro di lui, e pronunciò la domanda che lui sapeva che tutti volevano fare. "Dov'è Kagome-chan?"

Non poteva guardarli negli occhi, ma non poteva distogliere lo sguardo. Come poteva affrontarli quando non riusciva nemmeno ad affrontare se stesso? Come poteva conciliare quello che aveva fatto con quello che sentiva, con quello che sapeva che loro sentivano? Come poteva giustificare le sue azioni quando il suo cuore gli urlava attraverso il dolore e le lacrime che aveva appena fatto il più grande errore della sua vita?

L'aveva lasciata andare. Sentendo le esclamazioni preoccupate della sua famiglia, vedendola aggrapparsi a quel modo a sua madre, sentendo l'odore delle sue lacrime... aveva saputo cosa andava fatto. Egoismo, orgoglio, paura, bisogno, desiderio... In quel momento, nulla significava quanto la sua felicità. E lei sarebbe stata felice là. Con la sua famiglia che la amava, con i suoi amici che avevano bisogno di lei.

Quindi aveva fatto la scelta che non era affatto una scelta. L'aveva lasciata andare.

Aveva la voce rauca, per tutto l'urlare che aveva fatto nel meidou. "Kagome è al sicuro."

Shippou saltò tra le braccia di Sango, per poter gettare una dura occhiata accusatoria al viso di Inuyasha. La sua voce era stridula. "L'hai lasciata indietro, vero? L'hai lasciata! Perché l'hai fatto? Come hai potuto, Inuyasha?" Aveva saputo che la decisione era definitiva e irrevocabile, e si gettato contro Sango con un gemito. "Odio Inuyasha!"

Le parole, così familiari, inviarono comunque frecciate nel cuore di Inuyasha. Non era il fatto di essere odiato a ferirlo così tanto, quanto la consapevolezza del perché meritasse quell'odio. Avevano contato su di lui, si erano fidati di lui, e lui era stato un fallimento.

La gola gli si chiuse di botto, ma Inuyasha ci provò comunque. Fece un tremante passo avanti, alzò una mano come per toccare la testa di Shippou. Si fermò, lasciando ricadere la mano lungo il fianco. "Mi dispiace." La voce suonava grezza persino alle sue orecchie. "Shippou... mi dispiace."

"Ti odio." La frase, attutita dal petto di Sango, era acquosa, ma non meno veemente per le lacrime che strozzavano le parole.

Inuyasha alzò gli occhi su Sango. Anche i suoi erano pieni di lacrime, di recriminazione. "Lo so. Va tutto bene."

"Perché?" La voce di Sango era bassa, ma non poteva mascherare il dolore mentre fissava il suo passato nemico e il suo vecchio amico e ripeteva la domanda di Shippou. "Inuyasha, perché l'hai fatto? Perché l'hai lasciata e sei tornato da solo?"

Non poteva trattenere le lacrime, e quando la prima gli scivolò sulla guancia, Inuyasha distolse lo sguardo. La vergogna e il senso di colpa combattevano nel suo cuore spezzato. C'erano così tante cose, ragioni, sentimenti. Aveva fatto l'unica cosa che avrebbe potuto fare, e aveva fatto la scelta giusta. Si aggrappava a questo come all'unica verità nel resto del mondo che gli scivolava via.

Ma tutto quello che poteva dire era: "mi dispiace". Ancora e ancora, come se ripeterle avrebbe reso vere le parole. Come se le parole potessero lenire il dolore, e renderlo più fioco, e rendere sopportabile la separazione. Come se le parole fossero abbastanza.

Miroku parlò per la prima volta. I suoi occhi erano fissi sul viso di Inuyasha mentre posava dolcemente un braccio intorno alle spalle di Sango, ma le sue parole erano dirette tanto a Shippou quanto a Sango. "A Inuyasha manca Kagome-sama proprio quanto manca a noi. Persino di più. Capirete che è per questo che sta soffrendo... e che è per questo che ha deciso di tornare da solo."

Per una volta, Inuyasha era grato per l'intuizione del suo amico e per le sue osservazioni calme e intelligenti. "Dai, Sango." Miroku portò via Sango con un ultimo sguardo fisso a Inuyasha al di sopra della spalla. "Andiamo a dire a Kaede-sama che saremo in tre a cena stasera."

Da solo, Inuyasha rimase fermo a osservarli che si allontanavano. La frase con cui si era accomiatato Miroku era un avvertimento sufficiente - non sarebbe stato il benvenuto al villaggio, non quella sera. Le ferite erano ancora fresche, e la sua presenza intorno al loro fuoco avrebbe soltanto reso ancora più intensa la mancanza di Kagome. Comunque, non poteva scrollarsi di dosso la vulnerabilità che aveva sentito quando Miroku aveva denudato le sue emozioni davanti agli altri - amici e i compagni di viaggio che erano.

Non poteva voltarsi. Il suo cuore a pezzi gridava al pensiero del pozzo deserto dietro di lui, e sapeva di non essere ancora pronto ad affrontarlo. Invece, si lanciò tra le cime degli alberi e si mise a correre, saltando da un ramo all'altro nelle profondità della foresta serale. Il sole stava tramontando ad ovest, macchiando il cielo di cremisi e arancio mentre si bruciava un sentiero dietro le montagne, in lontananza. Nuvole dalla pancia d'oro fiammeggiarono lentamente nell'ombra mentre scendeva la notte, e Inuyasha correva ancora.

Il vento gli soffiava tra i capelli, scorrendogli come acqua accanto al viso. I profumi gli passavano accanto, i suoni si diffondevano nella brezza, ma significavano poco per lui, come se avesse posseduto i suoi fiochi sensi umani. Non poteva decifrare i tessuti dei profumi più di quanto potesse leggere i libri di testo di Kagome. Non poteva individuare la fonte dei rumori che gli riempivano le orecchie più di quanto potesse guidare quel suo carretto in ferro che una volta aveva annodato.

Non poteva smettere di pensarla, di ricordarla, più di quanto potesse bloccare il battito successivo del suo cuore.

L'alba lo trovò appollaiato sul 'suo' albero ai margini del villaggio, una sentinella silenziosa che guardava il paese addormentato. I suoi vestiti erano strappati e sporchi, i capelli aggrovigliati, e i muscoli delle gambe gridavano per la punizione della notte precedente. Ma non riusciva a dormire, non riusciva a costringere la sua mente al silenzio quanto bastava per trovare un attimo di tregua.

Non riusciva a smettere di ricordare. Non riusciva a smettere di soffrire.

"Inuyasha."

Non aveva notato il monaco in piedi sotto di lui, nello stesso preciso posto in cui si metteva Kagome quando lo chiamava - ridendo, stuzzicandolo, irritata. Inuyasha... vieni giù!

"Inuyasha." Miroku ripeté il nome dell'hanyou, la voce liscia e calma. "Se tu potessi prendere un secchio d'acqua dal fiume, Kaede-sama inizierà presto a preparare la colazione."

Inuyasha non riuscì a trovare in sé la forza di interessarsene. Ci voleva troppo sforzo per rispondere allo stesso modo. "Prenditela da solo l'acqua, monaco."

Il tintinnare del bastone che Miroku portava abitualmente era irritato. "Stiracchiati quei monconi pigri, Inuyasha. Non sei l'unico che deve convivere con le conseguenze della tua decisione di lasciar andare Kagome-sama, ovunque sia andata. Intendi abbandonare anche noi?"

La testa gli ciondolò. Sembrava troppo pesante per tenerla diritta da solo. "Chiudi il becco." Inuyasha pensò, vagamente, che c'era stato un tempo in cui avrebbe aggiunto qualcosa a quell'ordine - una minaccia, un insulto. Un tentativo di tagliare a metà l'umano con la spada. "Ve l'ho detto, è al sicuro." Non l'aveva abbandonata. Le parole di Miroku non gli instillarono nel cuore alcun seme del dubbio. Aveva fatto la cosa giusta, l'unica cosa. Era il minimo che poteva fare per lei, dopo tutto quello che lei aveva fatto per lui.

Ebbe abbastanza tempo per allungarsi ad afferrare il secchio che arrivò in volo prima che lo colpisse in faccia. Ma non ebbe l'energia per aumentare l'irritazione per quell'attacco inaspettato. Miroku si stava già allontanando. "Va' a prendere l'acqua, Inuyasha."

Anche mentre metteva il broncio - ok, allora aveva abbastanza energia per essere irritato - Inuyasha di lasciò cadere dall'albero, con una smorfia quando i muscoli abusati delle gambe protestarono contro l'atterraggio. Camminò zoppicante fino al fiume per riempire il secchio e riportarlo indietro, anche se parte di lui, la parte che non era diventata fredda e intorpidita quando si era trovato da solo sul fondo del pozzo, temeva il confronto in arrivo con Sango e Shippou. Kaede, Kohaku. Myouga. Kirara. Tutti.

Kaede alzò gli occhi quando Inuyasha entrò nella sua capanna. Era affollata per il numero di persone che ci aveva passato la notte, e Inuyasha evitò di guardare le figure addormentate ancora infagottate nelle coperte sul lato più lontano dell'unica stanza. "Bentornato" disse semplicemente Kaede. Le sue parole toccarono qualcosa dentro Inuyasha. Qualcuno gli aveva mai detto quelle parole, quelle semplici parole? Scosse la testa mentre posava il secchio accanto a lei, si allontanò. Le sue parole avevano toccato la parte di lui che faceva ancora male, e le sue parole, intese per lenire, invece lo fecero sanguinare.

Non mangiò, ma rimase seduto con la schiena contro il muro mentre il resto della compagnia si svegliava, stropicciandosi via il sonno da occhi rossi, e si radunava lentamente intorno al calore del fuoco. Shippou rifiutò testardamente di guardarlo, ma Sango, almeno, riuscì a rivolgergli un debole sorriso, mezzo sentito, anche se non lo guardò in faccia. Kirara non sembrava altrettanto inibita, e trotterellò da lui per miagolare e grattargli il ginocchio con la zampa fino a quando la accarezzò. Grato anche solo per quella piccola accettazione.

Kohaku cercò di offrirgli del cibo. "Ce n'è più che abbastanza se hai fame" tentò di dire, mentre il silenzio nella stanza si stiracchiava fino ad essere abbastanza teso da pizzicare corde armoniche. "Il miso soup di Kaede-sama è delizioso."

Inuyasha scosse la testa in silenzio, rifiutando di alzare gli occhi, anche per questo ragazzo che, probabilmente, capiva meglio di tutti il dolore del vivere le ripercussioni delle proprie azioni. Fingere di essere posseduto fino a potersi vendicare su Naraku... Inuyasha non poteva immaginare il suo dolore, ma adesso poteva simpatizzare.

E anche se apprezzava il tentativo del ragazzo di includerlo, nulla poteva riempire il vuoto dentro. Aveva la sensazione che tutto quello che avrebbe osato ingerire sarebbe semplicemente finito sul pavimento in pochi minuti. Non era solo svuotato dentro, era stato fatto a pezzi minuscoli.

Miroku spezzò il silenzio picchiandosi le mani contro le cosce e alzandosi. "Kohaku. Inuyasha. C'è del lavoro da fare. Il villaggio non si riparerà da solo, sapete." Andò all'ingresso, si fermò davanti all'arazzo che faceva da porta per guardare ancora gli altri. "Beh?"

Kohaku si alzò lanciando un'occhiata a sua sorella. "Mi piacerebbe dare una mano." Esitò, poi si chinò per raccogliere la falce, arrotolandosi la lunga catena intorno alle mani. "Posso tagliar legna da usare per sistemare gli steccati." I campi fuori città erano stati distrutti, e i pochi animali da gregge si erano dispersi senza gli steccati che una volta li bloccavano.

Ci fu un'altra pausa, e poi Inuyasha si spostò dal muro e passò accanto a Miroku, sfiorandolo. "È comunque dannata colpa mia, quindi credo che farei meglio a dare una mano."

"È colpa tua." Shippou ancora non lo guardava, ma Inuyasha si fermò per guardare il piccolo kitsune. Con il viso rivolto a terra, Shippou strinse le mani a pugno. "È colpa tua, ma non ti odia. È solo che Kagome mi manca così tanto!" Scoppiò in singhiozzi, e si gettò su Sango per nascondere il viso contro il suo petto. La taijiya lo coccolò tenendolo stretto, accarezzandogli la testa e mormorando. Più o meno come aveva fatto Kagome consolando il kitsune.

Inuyasha distolse lo sguardo. Non c'era nulla che potesse fare per il dolore di Shippou. Poteva fare abbastanza poco anche per il suo.

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Capitolo 3 by Tairi Soraryu

ABSENCE
scritto da Tairi Soraryu, tradotta da Alessia Heartilly
Capitolo Tre

Per la ricostruzione ci volle tempo, e un lavoro che faceva sudare e spezzava la schiena. Relegata ai margini - femmina - Sango aiutò Kaede e le donne del villaggio a curare i campi rovinati, recuperando e piantando di nuovo quello che si poteva salvare. Preparavano i pasti per gli uomini che lavoravano, dall'alba al tramonto e poi oltre, per erigere nuove case per chi l'aveva persa, sistemando tetti rotti e ricostruendo mura e rifugi distrutti.

Inuyasha e Kohaku, con Kirara, andavano avanti e indietro per rintracciare i cavalli selvaggi che erano scappati quando Naraku era venuto e cercare di distruggere il villaggio. Shippou passava il tempo diviso tra Sango e Miroku, ad aggrapparsi a loro, com'era sua abitudine, in assenza di Kagome. Non aveva parlato a Inuyasha da quando si era rimangiato di odiare l'hanyou, ma era lunatico e cupo.

Il terzo giorno dopo il ritorno di Inuyasha, Sango portò un vassoio di tè caldo e dolci al punto in cui Inuyasha e Miroku, il primo senza maglia, e il secondo in una versione ridotta dei suoi soliti abiti blu scuro, lavoravano duramente per arare di nuovo uno dei campi di verdura che era stato rovinato da collinette rocciose e fangose.

"Fate una pausa, ragazzi" chiamò Sango dal recinto nuovo che suo fratello e alcuni dei ragazzi più giovani del villaggio avevano messo insieme proprio quella mattina. Mise il vassoio in equilibrio su un palo. "Dai."

Miroku era più che disposto ad accettare la sua offerta, ma Inuyasha esitò. "Non ho bisogno di così tanto riposo come voi stupidi umani" borbottò vedendo lo sguardo inquisitore del monaco. Inuyasha odiava essere trattato come un animale - era ancora, dopo tutto, un hanyou - ma era stato abbastanza disponibile da farsi legare davanti all'aratro. Aveva una migliore resistenza per farlo rispetto a chiunque altro. Avevano già fatto più della metà del campo.

"Fai una pausa." Miroku sospirò, con pazienza infinita nella voce e una pacca sulla spalla a Inuyasha. Fece una smorfia ritirando il palmo della mano, appiccicoso di sudore. "Ti potrebbe far bene qualcosa da bere, comunque."

Si sistemarono sotto l'albero di Inuyasha, e per una volta lui si sedette a terra con loro, con le spalle nude appoggiate contro il tronco ruvido, accettando un'enorme tazza di tè e un biscotto da Sango. "Grazie" borbottò, ancora a disagio mentre si sistemava accanto a Miroku. Kohaku stava facendo la sua pausa con i ragazzi del villaggio, e per un momento c'erano solo loro tre. Shippou era da qualche parte, probabilmente con Kohaku.

"Pensate che Kagome-chan tornerà mai?" Sango vide la smorfia che attraversò il viso di Inuyasha e si scusò velocemente. "Mi dispiace, Inuyasha. Non intendevo dirlo ad alta voce..."

Lui scrollò le spalle, ma il gesto era tanto difensivo quanto irritato. "Non fa niente." Fissò il suo tè, come se le profondità scure contenessero le risposte a tutto il suo dolore. O il sollievo dal peso del ricordo e dal fagotto della responsabilità.

"Magari." Sango posò la testa brevemente sulla spalla di Miroku, poi si raddrizzò di colpo. Aveva le guance improvvisamente rosso fuoco, come se avesse dimenticato che non erano soli. Inuyasha finse di essere così assorto nel leggere le foglie di tè da non averlo notato, ma non poteva fingere di non aver sentito la brusca fitta nel profondo delle viscere a quel frammento fuggevole di intimità condivisa dai suoi due amici.

Aveva avuto la sua possibilità, in quello. Aveva avuto più della sua parte di possibilità. La prima era stata persa con la mancanza di fiducia e il falso tradimento - il tradimento così percepito.

La seconda era stata persa perché lui l'aveva lasciata andare. Aveva dovuto lasciarla andare. La amava, no? La amava, ma non era l'unico a farlo.

"Dobbiamo così tanto a Kagome-chan." La voce di Sango era un mormorio, e fece scivolare la mano in quella di Miroku, le dita che si stringevano in quella semplice unione. "La nostra felicità... le nostre vite. Non dimenticheremo mai tutto quello che ha fatto per noi." Guardò Inuyasha con un sorriso coraggioso. "La terremo nei nostri cuori, Inuyasha, anche mentre tu la tieni nel tuo. E insieme, la ricorderemo sempre."

Inuyasha annuì, un po' intorpidito. Voleva più del semplice ricordare. Voleva... Aveva voluto che lei fosse felice, ma non voleva nulla più che stringerla e basta. Stringerla, ancora una volta. Non nel buio, ma alla luce.

Il suo ultimo ricordo di lei, però, non era né nel buio né nella luce, ma alla mezza luce scura dell'interno del pozzo nel suo tempo, che singhiozzava tra le braccia di sua madre. Aveva saputo allora, più di quanto avesse mai capito prima, che lei era ancora solo una bambina. Sedici anni, e preziosamente innocente in modi in cui lui non era mai stato. Per tutti gli standard del mondo che conosceva lui, lei era abbastanza grande da avere figli e una famiglia, ma nel suo tempo era ancora minorenne, qualcuno da viziare e amare e di cui prendersi cura.

Aveva tutto questo là, con il suo devoto fratellino, quel fanatico ma innocuo nonno, il suo gatto grasso, sua madre, i suoi amici, i suoi test e i suoi studi e il suo letto morbido nella sua stanza rosa che profumava di lei. Se Inuyasha aveva bisogno di lei, allora Kagome aveva bisogno di tutto quello.

Una volta, solo una volta, era stato capace di metterla prima, di metterla prima di sé. Era stata l'unica volta che aveva importanza. L'unica volta che contava.

"...yasha? Inuyasha?" Sango gli stava picchiettando leggermente sul braccio. Inuyasha sbatté le palpebre, scoprì di essersi perso ancora una volta nei suoi pensieri. C'era una macchia bagnata sul ginocchio del suo hakama, e si rese conto che Miroku teneva la sua tazza di tè.

"Scusa" borbottò, imbarazzato. "Immagino di essermi perso."

Il sorriso di Sango era semplice. "Va tutto bene. Ti perdoniamo." Rideva mentre lo diceva, e gli illuminò il cuore. Un po'. Sango tornò a sedersi e Miroku ridiede a Inuyasha la sua tazza di tè. "Allora il Shikon no Tama se n'è andato per sempre? Davvero e realmente andato?"

Inuyasha aveva raccontato loro frammenti di ciò che era successo dopo che aveva tagliato il meidou per seguire Kagome - la lotta all'interno del Shikon no Tama completato, il vedere Midoriko, il lottare a fianco di Kagome. E il desiderio che lei aveva espresso - la scelta che aveva fatto che non era una scelta.

"Kagome desiderava sparire" disse Inuyasha. La sua voce aveva quella strana nota forzata che aveva sentito in se stesso nelle ultime occasioni in cui aveva parlato di Kagome. Come se qualcosa gli fosse stata strappata. Sango lo guardò, un po' preoccupata, un po' triste, ma Miroku si limitò a sorbire il tuo tè con calma. O il monaco era rispettoso, o era soltanto del tutto stupido. "L'ho visto... infrangersi... come polvere, polvere luccicante. E poi è stato come se fossimo tirati attraverso il pozzo - la luce, la sensazione. E poi c'era la sua famiglia, che piangeva e tutto."

"E sei tornato da solo." Miroku poteva vedere il dolore sul viso dell'amico, ma non sapeva quando sarebbero riusciti ad avere ancora Inuyasha al punto di vulnerabilità in cui sarebbe stato così aperto. Si prendeva quello che si poteva quando si poteva. Miroku non era forse un esperto in questo?

Le spalle di Inuyasha si mossero ancora. "Sarei potuto rimanere là. Non sapete com'è, ma il suo fondo..." Si accigliò guardando il suo tè, cercando parole e ispirazione. "Io non appartengo a quel posto" disse infine semplicemente, e bevve l'ultimo sorso prima di alzarsi. "Finirò questo campo prima di sera" annunciò, e andò ad afferrare le maniglie dell'aratro.

Miroku e Sango lo guardarono un momento mentre attaccava il suolo collinoso con rinnovato rigore. "Ed è tutto su questo argomento" concluse Sango con una traccia di umorismo ironico. Raccolse le tazze vuote, e sospirò alzandosi.

Riuscì a dare a Miroku una fortunatissima visione del suo posteriore mentre si girava a metà. Allungandosi dalla sua posizione da seduto - mai stato il tipo che si lascia sfuggire un'opportunità quando gli si presenta - Miroku strofinò la mano, la mano destra ora spoglia di tessuti e perline, sul morbido sedere rotondo davanti a lui.

Sango arrossì ma trattenne il gridolino - e la stretta di riflesso della sua mano destra. "Houshi-sama..." La sua voce, però, non conteneva alcuna traccia di malizia.

Miroku lasciò cadere la mano, alzandosi e lisciandosi i vestiti. Il suo sorriso era tutto innocenza. "Sì, cara?" Lei arrossì di più sentendo il nomignolo, anche mentre malediceva la sua incapacità di evitare il rossore che le colorava così facilmente le guance. Il sorriso di Miroku si allargò soltanto alla risposta agitata di lei, e disse con calma: "a Inuyasha serve tempo per il dolore. Ha perso due donne che gli erano care in così poco tempo - una, ancora, per mano del suo nemico giurato, una perché la amava troppo per essere egoista. Non ha ancora lasciato noi".

Il suo rossore si attenuò, mentre il sorriso si addolcì verso quel monaco perverso che aveva catturato il suo cuore ferito così tanto tempo prima. "Houshi-sama..." Questa volta il nome era un sussurro, il suo stesso nomignolo mentre le parole nel suo cuore rimanevano non detto. "Sei troppo osservatore perché ti faccia bene." Solo Miroku sapeva quanto lei avesse avuto paura di perdere un'altra persona - in questo caso, un amico e un compagno di battaglia, un suo pari. Paura che lui uscisse dalla sua vita.

Miroku la abbracciò brevemente prima di voltarsi verso il campo con un grugnito. "Inuyasha mi ucciderà, se non si uccide da solo con il ritmo che sta tenendo. Almeno ferma i suoi incubi" rifletté mentre superava lo steccato e attraversava il campo per unirsi all'hanyou.

Incubi? Sango guardò il suo monaco allontanarsi, e non era abbastanza pura da non godersi l'aspetto della sua figura - con i vestiti che la nascondevano rimossi. Inuyasha, incubi? Era difficile immaginare che il duro Inuyasha avesse incubi, ma aveva solo troppo senso. Il modo in cui si era sforzato in quegli ultimi giorni rendeva ovvio, a chiunque avesse un paio decente di occhi funzionanti, che si stava punendo per un crimine che solo lui sapeva di aver commesso. Sango era disposta a scommettere il suo primo figlio che lui non si fosse dato la possibilità di riposare dopo qualsiasi cosa avesse affrontato all'interno del gioiello, combattendo per raggiungere il fianco di Kagome, per tre lunghi giorni di buio.

Aveva anche dormito nella capanna di Kaede nelle ultime notti, spezzando la sua lunga abitudine di campeggiare fuori, in un albero vicino. Non mangiava molto, ma dopo cena, si metteva nell'angolo con Tessaiga su una spalla, le braccia incrociate sul petto, e cadeva in un immediato sonno senza suoni né movimenti. Kirara si era messa ad accoccolarglisi in grembo e a dormire con lui, e Sango a volte la sentiva fare le fusa a notte tarda. Il gatto, che offriva conforto al cane. La faceva sorridere.

Sango scoprì che il sorriso le svaniva lentamente dal volto. Sembrava strano, a volte, sorridere. Dopo tutta la tempesta della battaglia, la lotta estenuante dentro al corpo senza forma di Naraku, sembrava quasi una cosa estranea godersi la luce del sole e la facilità della vita 'normale'. Sembrava strano non avere Kagome al suo fianco. La ragazza più giovane, in qualche modo più luminosa, del futuro, pura com'era in così tanti modi, era stata così divertente. Era stato facile lasciarsi sognare ad occhi aperti sul 'prima o poi' nebbioso quando tutto questo era alle sue spalle, e che sarebbero stati tutti insieme.

Era ironico, e triste, che di tutti loro Kagome fosse l'unica che non c'era ad apprezzare la pace che aveva aiutato a portare.

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Capitolo 4 by Tairi Soraryu

ABSENCE
scritto da Tairi Soraryu, tradotta da Alessia Heartilly
Capitolo Quattro

"Io esco."

Inuyasha si alzò, mentre Sango lavava i piatti. Le teste si voltarono a guardarlo, sorprese. Non aveva detto nulla per tutta la sera dopo che lui e Miroku erano tornati dal fiume, dove si erano lavati insieme al resto dei paesani prima di tornare indietro, stanchi e affamati e puliti, per riposare durante la notte.

"Dove vai?" Kaede non sembrò troppo preoccupata; stava annodando le erbe raccolte dal foraggio di un campo lì vicino per farle seccare.

Inuyasha in qualche modo si offese per la domanda. "Fuori" sbottò bruscamente, e marciò fuori dalla porta.

"Che stizzoso!" Shippou stava riacquistando sempre di più la sua vecchia scintilla. O forse era stata la porzione extra di pesce che aveva avuto per cena.

Kirara miagolò per simpatia, con la testa piegata con fare inquisitore verso Sango. Accarezzandole la testa per rassicurarla, Sango parlò rivolta a Shippou. "Lascialo stare, Shippou. Sta soffrendo."

Quello sembrò far fare una pausa al piccolo kitsune. "Sta... soffrendo?" Fissò l'arazzo che volteggiava gentilmente dopo il passaggio brusco di Inuyasha.

"Semplicemente non sa come mostrarlo."

Inuyasha lasciò che i piedi lo guidassero lontano dal villaggio. Si sentiva come quelle persone che aveva visto una volta, in un film che aveva visto nel tempo di Kagome. Uomini americani, che farfugliavano in toni bruschi e gutturali che lui non capiva. Non riusciva a leggere i sottotitoli abbastanza in fretta per capire tutto, ma Kagome gli spiegava sempre prima i punti di base della trama, e sceglieva sempre film divertenti da vedere. Macchine veloci ed esplosioni e pugni che volavano e sangue. Vedeva abbastanza sangue nella vita reale, ma questo era... divertente.

Uomini americani che indossavano catene e uniformi arancio acceso e che vivevano dietro delle sbarre. E una volta al giorno avevano il permesso di andare nel cortile chiuso dove uomini con lunghe pistole nere stavano di guardia. Prigionieri, li aveva chiamati Kagome.

Si sentiva un prigioniero del suo stesso cuore, e aveva già usato la sua ora d'aria.

Era stanco per il duro lavoro della giornata. Lui e Miroku avevano finito il campo, e anche se Miroku lo aveva rassicurato di aver fatto abbastanza, Inuyasha si era immediatamente messo ad aiutare a sistemare il tetto di una delle altre capanne. Non poteva sopportare lo stare seduto, l'aspettare. Il riposare. Non poteva sopportare di stare da solo con i suoi pensieri. Quando lavorava, poteva concentrarsi sul bruciore dei muscoli e sulla sensazione del sudore sulla pelle.

Ma poi... Erano i momenti successivi ad essere i più difficili. Cercava il più dannatamente possibile di andare a dormire non appena aveva finito di mangiare, per quei pochi bocconi che riusciva a costringersi a inghiottire. Cercava duramente di strizzarsi nell'incoscienza non appena il sole tramontava e tutte le attività rallentavano fino a fermarsi per lunghe ore buie.

Troppo lunghe, troppo buie. Kagome era stata la sua luce del sole. Aveva bisogno di lei.

Non poteva sopportarlo. Lei gli mancava.

Inuyasha non fu del tutto sorpreso di trovarsi in piedi al bordo della radura, davanti al pozzo abbandonato. Quanto spesso ci era venuto? Per trascinarla via dai suoi studi, dalla sua famiglia, dal suo mondo. Dalla sua vita. Quanto spesso le aveva impedito di tornare indietro?

Quanto spesso era venuto qui mentre lei non c'era, a borbottare, imprecare, temere, sperare. Senza mai sapere se lei sarebbe mai tornata. Senza mai osare sperare che lei sarebbe tornata per restare. Pregando gli dei in cui non credeva di permetterle di tornare da lui, solo una volta ancora...

Gli parve di avere i piedi di piombo, attraversando la radura illuminata dalla luna fino al bordo del pozzo. Il cuore gli martellava nel petto, e sentiva il respiro arrivare in ansimi poco profondi. Strinse gli occhi posando appena gli artigli sul bordo del pezzo. Il Shikon no Tama se n'era andato per sempre. Quello che aveva legato i due mondi, facendo da ponte al tempo stesso, era svanito. All'apparenza, era in piedi davanti a un semplice pozzo secco senza nulla di particolare.

Inuyasha aprì gli occhi, ma non riuscì a trovare il coraggio di guardare in basso. Invece, i suoi occhi furono attratti dai contorni distanti del Goshinboku. Per favore... Non sapeva perché il pensiero fosse tornato in superficie nella sua mente, ma sembrava... giusto. Per favore. Per favore, funziona.

Non poteva dire quello che voleva di più. Permettimi di vedere ancora Kagome. Perché sapeva che il solo vederla non sarebbe stato abbastanza. Non poteva dire, permettimi di stare con Kagome, perché sapeva di non poter stare con lei. Non nel suo mondo. E non poteva chiederle di stare nel suo.

Quindi era solo, per favore. Per favore...

Saltò nel pozzo. E quando colpì il fondo, seppe che non aveva funzionato. Non si era connesso. Niente luce, niente tirare alla spina dorsale e alle viscere, niente raffica improvvisa di odori, grassa e spessa e sporca, che parlava del suo mondo. Solo il profumo della foresta e delle piante addormentate d'inverno.

Inuyasha uscì dal pozzo con il cuore più pesante di quanto si fosse aspettato. Era andato e aveva sperato, ed ecco com'era rimasto.

Con il cuore spezzato.

Imbecille.

Shippou era in piedi sul bordo della radura, a guardarlo. Per un momento, Inuyasha si arrabbiò, si arrabbiò perché il kitsune aveva invaso un suo momento privato. Ma proprio come era venuta, la rabbia gli passò addosso, svanì. Poteva sentire la solitudine riversarsi dal piccolo kitsune, e seppe che Shippou stava soffrendo proprio quanto lui.

Forse di più. Almeno lui era riuscito a vederla, dentro il meidou, un'ultima volta. Almeno lui aveva potuto portarla a casa, vederla felice, prima che il pozzo si sigillasse. Almeno lui aveva potuto dire un qualcosa di simile a un 'addio'.

Contatto degli occhi. La sensazione di profondo sollievo. Gratitudine. Comprensione. E poi il profumo che svaniva di lei, un'ultima volta.

"È chiuso?"

La voce del kitsune tremò. Non si mosse, dal punto in cui stava in piedi su un affioramento roccioso. Aveva gli occhi fissi sul viso di Inuyasha, e non c'era alcuna della malizia o sfacciataggine che di solito aveva.

Inuyasha tornò al punto dove sedeva il piccolo. Ed era solo un bambino, nonostante tutto. Si abbassò attentamente sulla roccia accanto a lui, senza essere del tutto sicuro di come affrontare il dolore di Shippou quando non sapeva nemmeno cosa fare del proprio. "È chiuso."

Gli occhi di Shippou si riempirono, e tirò su coraggiosamente con il naso. "Non volevo venire a spiarti o cose così" borbottò. "Solo che... volevo solo..." Le parole gli mancarono, mentre le lacrime iniziavano a scendere con un gemito.

La rabbia di un kitsune non era nulla con cui giocare, come Inuyasha aveva avuto modo di scoprire, e il suo orgoglio non era cosa di poco conto. Ma in quel momento, Inuyasha fece l'unica cosa a cui poteva pensare, e sperò solo di non trovarsi a essere gettato via da una giostra rotante, o incollato a un'altra oltraggiosa statua di pietra. Lo aveva visto fare a Kagome abbastanza spesso. Si allungò e attirò Shippou a sé, cullandolo contro il petto. Shippou chiuse entrambe le mani a pugno davanti all'haori di Inuyasha, singhiozzando.

"Non tornerà, vero? Kagome se n'è andata per sempre?"

Voleva dire di no. Voleva aggrapparsi alla speranza che un giorno sarebbe tornata. Voleva credere alla sua promessa. Starò al tuo fianco. Voleva... Voleva...

Non voleva più dolore. Fece scorrere una mano imbarazzata e delicata sulla testa di Shippou. "Kagome è proprio qui, se la vuoi." Shippou alzò il viso bagnato di lacrime a guardare Inuyasha, con una speranza così nuda nell'espressione. Inuyasha ignorò la stretta al cuore e picchiettò un dito ad artiglio contro il petto di Shippou, proprio sopra il cuore. "Qui dentro, se ricordi."

La faccia di Shippou cadde a pezzi sotto al peso delle speranze distrutte. "Mi manca Kagome!" Si gettò di nuovo in lacrime con un lamento disperato.

Inuyasha strinse il kitsune al petto e sentì le lacrime bruciargli gli occhi mentre fissava il pozzo vuoto. Anche a me, pensò, e non si sentì meno disperato del bambino in singhiozzi tra le sue braccia. Manca anche a me.

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Capitolo 5 by Tairi Soraryu

ABSENCE
scritto da Tairi Soraryu, tradotta da Alessia Heartilly
Capitolo Cinque

Lei gli mancava ancora. La mancanza non svaniva mai e non diventava mai più semplice da sopportare. In alcuni giorni, era un peso al centro del petto, che schiacciava, comprimendo i polmoni fino a quando boccheggiava alla ricerca d'aria. In altri giorni era... esitava a dire 'meglio'. Non andava mai meglio. Ma a volte era solo una fitta, come un tirare distante agli angoli della sua coscienza, che gli ricordava di un vago vuoto dove una volta c'era una presenza. Ma era quasi caldo, quel vuoto.

A volte, comunque, si sorprendeva a pensare a Kagome sarebbe piaciuto, o dovrei mostrarlo a Kagome quando, e barcollava fino a fermarsi, perché quando avrebbe mostrato questo o quello a Kagome?

Non in quella vita. Probabilmente non nella prossima.

Ma era una coltellata nel cuore, un pugno nello stomaco, e lui lo affrontava. Ogni volta. Cos'altro avrebbe potuto fare? Che cos'altro avrebbe potuto fare chiunque?

Non poteva dire di essere andato 'avanti'. Non stava davvero andando 'avanti'. Perché una parte di lui era praticamente bloccata dov'era stata il giorno in cui il pozzo lo aveva risucchiato un'ultima volta.

L'estate ricopriva il villaggio con un'afa soffocante e opprimente, inumidiva la vita e i movimenti. Le riparazioni al villaggio distrutto erano finalmente finite, e la capanna modesta di Sango e Miroku, costruita vicina a quella di Kaede, era quasi finita. Il loro matrimonio, una cosa semplice, aveva avuto luogo nell'ultima luna piena di primavera, con Kaede che celebrava, e Inuyasha, Kohaku e Shippou che partecipavano. L'amico tanuki di Miroku aveva anche fatto da padre surrogato per Miroku, con svariati boccali da sake per 'celebrare e congratularsi'.

Sango era stata... meno che felice descriveva la sua reazione, dato che umido descriveva la quantità di precipitazioni durante la stagione delle piogge. Inuyasha era stato mezzo sorpreso che non avesse mandato a monte il matrimonio quando aveva scoperto che Miroku era in pessime condizioni dopo la notte che lui e Inuyasha - non per sua scelta - avevano passato, in piedi fino a troppo tardi a bere troppo sake mentre Mushin-sama raccontava loro storie sulla gioventù ribelle di Miroku.

Ma la cerimonia era andata bene, e la coppia felice era proprio questo: felice. Ogni volta che Inuyasha li vedeva, erano felici. Stendevano il bucato, facevano una passeggiata al fiume, insegnavano ai bambini del villaggio come difendersi contro inaspettati attacchi youkai. Erano stati entrambi molto più seri nei loro viaggi, ognuno appesantito dal fardello del dolore che Naraku aveva messo su di loro. Era ancora così strano vederli sorridere così tanto.

A volte diventava così brutto che Inuyasha lasciava il villaggio. Questo, in cambio, lo faceva sentire in colpa, e infelice, ma semplicemente non poteva sopportarlo. Odiava questa parte di lui, la parte che sembrava troppo umana, e tutte le emozioni che ne conseguivano.

Odiava essere geloso dei suoi amici. Odiava che la loro felicità lo rendesse infelice. Non voleva che loro fossero infelici. Desiderava solo....

Desiderava solo poter essere felice anche lui.

Fu durante una delle sue prolungate assenze dal villaggio che Kohaku, che faceva pratica con la lancia davanti alla capanna di Miroku e Sango mentre sua sorella rammendava un paio di tabi vicino alla porta, sollevò l'argomento. "Pensi che faccia male a Inuyasha-sama vedere te e Miroku-niisan sposati, Ane-ue?"

Sango guardò la schiena di suo fratello. Non si era voltato per parlarle; aveva la sensazione che lui stesse deliberatamente evitando il suo sguardo. Lui la guardava direttamente solo in rare occasioni, un duro colpo per il suo cuore. Ma aveva imparato ad accettare che lui stava affrontando il dolore dei suoi ricordi il meglio che poteva, a modo suo. "Kohaku?"

"Lui non l'ha mai avuto - Inuyasha-sama. Non ha mai avuto la possibilità di..." Kohaku si fermò, e Sango pensò che stesse cercando le parole giuste. "Sorridi molto più di prima, Ane-ue."

Colta alla sprovvista dall'apparente cambio d'argomento, Sango si posò il suo lavoro di cucito in grembo. "Prima c'erano meno motivi per sorridere, Kohaku. Lo sai. Quando inseguivamo Naraku, cercando di sconfiggerlo per poter spezzare la maledizione di Houshi-sama... liberarti dal suo controllo..." Sango lottò contro le lacrime, un segno di debolezza. "Per molto tempo, ho pensato solo al cercare di vendicarmi di Naraku per tutto quello che mi ha portato via. Non c'era spazio per i sorrisi."

Kohaku fece ruotare più volte la lancia nelle mani, osservando l'orizzonte. Sembrava quasi che potesse sentire le risposte all'universo nel legno liscio tra le sue mani. Sembrò più vecchio di quanto non fosse, quando parlò. Era una strana sensazione. "Penso... Inuyasha-sama aveva più ragioni per sorridere di adesso."

Sango si accigliò. Dove stava andando a parare suo fratello? "Kohaku, voltati e guardami." Lui lo fece, e i suoi occhi scuri erano, come succedeva spesso, enigmatici. "Dove stai andando a parare?"

Lui inspirò, trattenne l'aria. Sango non poté evitare di sorridere mentre gonfiava le guance, concentrandosi. Alla fine lasciò andare l'aria, espirando lentamente e completamente prima di rispondere. "Almeno, quando inseguivate Naraku... almeno allora c'era Kagome-sama."

*~*~*~*~*

Alcune settimane dopo il matrimonio, Sango e Kohaku presero Kirara e andarono a nord per portare i loro saluti ai loro padri e ai compagni caduti. Era passato un anno da quando le sorelle taijiya erano cadute nella trappola di Naraku, e insieme stavano lasciando riposare vecchie ferite e ricordi dolorosi.

"Lei ti manca?"

Inuyasha sedeva su un affioramento roccioso sulla riva del fiume, e guardava i bambini sguazzare nei punti poco profondi della parte alta del fiume, nelle ombre serali. Shippou si lanciava tra la massa dei piccoli, una palla di cannone bagnata e pelosa. Le risate brillavano come rugiada nell'aria ferma e spessa.

Miroku si era tirato i vestiti alle ginocchia - un abbigliamento piuttosto poco da monaco, ma serviva a combattere il caldo - e stava camminando nel fiume, godendosi le pietre lisciate e rovinate dal tempo sotto i suoi piedi. Gettò uno sguardo all'hanyou seduto sulle rocce. Un piede era nell'acqua, e si era tolto il suo haori rosso, ma sembrava comunque indifferente al calore che strozzava la vita fuori dal resto dei paesani.

In altre circostanze, Miroku sarebbe stato geloso del fatto che Inuyasha non stesse nemmeno sudando.

Per un momento, Miroku non fu sicuro se Inuyasha si stesse riferendo a Sango o Kagome, ma uno sguardo lo rassicurò che il suo amico non aveva l'espressione addolorata e vuota negli occhi che indicava che stava pensando alla loro amica del futuro.

"È passato solo un giorno." Miroku tuffò entrambe le mani nell'acqua, guardò la luce piegarsi e rifrangersi mentre il fiume gli passava tra le dita. "Ma sì. Mi manca."

"Mi manca." La voce di Inuyasha era strozzata. I capelli gli nascondevano gli occhi, ma le mani si chiusero a pugno. "Mi manca, Miroku. Voglio solo che smetta. Quando smetterà di mancarmi?"

"Vuoi dimenticare?"

Inuyasha guardò duramente Miroku. Sarebbe stato divertente, pensò Miroku, in altre circostanze, vedere la bocca di Inuyasha muoversi senza alcun suono per un momento. Ma non c'era nulla di divertente nel dolore negli occhi dorati e torturati dell'hanyou.

La sua voce fu un sussurro roco. "No."

Miroku scrollò le spalle, come fosse un dato di fatto. "Allora non smetterà mai di mancarti."

"Miroku." Non c'era rabbia nella voce, cosa che Miroku si era aspettato, si era preparato a gestire. Era dolore, puro e primitivo. Miroku deglutì a fatica, mentre guardava Inuyasha che si costringeva a parlare. "Non posso affrontarla. La mancanza di entrambe. Mi sento così in colpa. Mi mancano tutte e due così tanto."

"Ti senti in colpa perché ti manca Kagome-sama?" La voce di Miroku, in contrasto, era mite. Le emozioni che gli correvano dentro, ne era sicuro, non erano meno intense, ma non si può sempre combattere il fuoco con il fuoco. E in questo caso, sarebbe stato Inuyasha a scottarsi. "Allora siamo tutti colpevoli della stessa offesa."

Inuyasha scosse la testa. Il movimento era brusco, frustrato... inadeguato, in qualche modo. Miroku aveva la sensazione che Inuyasha volesse più fare a pezzi qualcosa che costringersi a movimenti piccoli. Si voltò verso Miroku improvvisamente, con gli occhi dorati intensi, il viso contorto da una tortura interna. "Mi sbaglio, Miroku? Mi manca Kikyou, ma è come... è tipo debole. Sullo sfondo. Mi manca Kagome, ed è come se questo mi uccidesse, ogni volta. Come se morissi ogni volta che penso a lei. Sono colpevole perché mi sento come... come se non potessi più farlo? Come se volessi solo che finisse tutto?"

La voce si alzò alla fine, arrivando quasi a un ululato infervorato. Svariati bambini smisero di giocare per guardare incuriositi; dopo un momento, tornarono alle loro attività. Shippou distolse prontamente la loro attenzione, buttandosi su uno dei bambini in un nuovo gioco di 'scappa dal bersaglio'.

Miroku camminò verso la riva, e mise una mano sul braccio di Inuyasha. L'hanyou era teso sotto alla sua mano, pronto ad alzarsi e fuggire. Miroku non si illudeva: una volta partito, Inuyasha non sarebbe mai ritornato.

Scelte le parole attentamente. "È un fardello di chi rimane indietro sopportare il peso del ricordo."

"Non posso sopportarlo, Miroku."

Era un sussurro angosciato. I muscoli sotto la mano di Miroku si tesero ancora di più. Miroku mantenne il tocco delicato, lottando con la reazione istintiva di stringere il braccio di Inuyasha nel tentativo di tenerlo fermo. Qualsiasi senso di costrizione lo avrebbe probabilmente acceso come un missile. "Ci sei riuscito prima."

"Allora avevo Kagome."

"Allora avevi coraggio, Inuyasha." La voce di Miroku si fece più tagliente. Non gli piacevano il dolore e il senso di colpa in cui era intrappolato Inuyasha... come se fosse lontano, in un posto che nessuno poteva raggiungere. Per un istante, Miroku desiderò che Sango non se ne fosse andata quando lo aveva fatto; non per il suo bene, ma per quello di Inuyasha. Sango sarebbe stata in grado di gestire l'hanyou emotivo. Inuyasha sembrava capace di controllarsi quando c'era Sango - forse era la presenza femminile a calmare il suo tumulto interiore.

"Hai quel coraggio anche adesso."

"Non mi sento molto coraggioso."

"La amavi, l'hai lasciata andare. Hai capito che c'erano altre persone che la amavano e a cui mancava, e hai accettato di non essere l'unico a soffrire della sua assenza. Questo era coraggio."

Inuyasha alzò due occhi infelici sul viso di Miroku, e c'erano lacrime che brillavano in quelle profondità d'ambra. "Ci sono persone qui che la amano e a cui lei manca adesso. È stato il coraggio a causare questo? Quando l'ho vista con la sua famiglia, ero così sollevato che fosse sana e salva, loro erano così felici... io ho scelto che rimanesse, Miroku. Kagome..." Il modo in cui lei lo aveva chiamato, in cui era corsa al pozzo così che l'ultima cosa che lui aveva visto mentre svaniva dal suo mondo per sempre era il suo viso, che guardava nel pozzo con quell'espressione... paura e incredulità e negazione...

Distolse il viso. "Io ho preso quella decisione, e lei non ha avuto alcuna possibilità di dire se era d'accordo o no. Non le ho permesso di scegliere, Miroku. E non saprò mai se il posto in cui si trova è il posto in cui avrebbe scelto di essere."

Per un momento Miroku rimase senza parole, e le sue dita si strinsero intorno al braccio di Inuyasha - non per paura che l'hanyou scappasse, ma per un puro riflesso ai suoi pensieri.

Miroku aveva saputo che Inuyasha si sentiva malissimo perché gli mancava Kagome.

Non aveva saputo che il dolore nascesse in parte dal senso di colpa.

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